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  • Immagine del redattoreCristina Bombelli

I cambiamenti del lavoro

Il colloquio può essere stato molto interessante: l’azienda è molto curata nei dettagli, il selezionatore è persona competente e affidabile. Non solo il lavoro prospettato è molto interessate, e corrisponde completamente alle vostre aspettative.

A completare il quadro idilliaco manca un solo, essenziale, dettaglio: la posizione viene offerta a tempo determinato, fino al limite del progetto.


Se a sostenere il colloquio è una giovane neo- laureata, probabilmente non si sorprenderà più di troppo. Nei confronti con le amiche e gli amici che stanno affrontando il mondo del lavoro avrà già imparato a distinguere le diverse forme di ingresso: dallo stage, al contratto di formazione lavoro fino alla collaborazione coordinata e continuativa, passando per il tempo determinato o l’interinale. Insomma, il lavoro” si frantuma” come sosteneva recentemente Luciano Gallino, sociologo e attento osservatore del mondo del lavoro. Era questo il titolo di un libro molto noto negli anni ’70 che descriveva l’organizzazione della fabbrica fordista. Oggi si tratta di un altro tipo di frantumazione: il vecchio, ma tanto rassicurante, “posto fisso”sembra una modalità contrattuale in via di estinzione.


Se la persona è più avanti nel percorso professionale può trovarsi di fronte ad una scelta imbarazzante: lasciare un posto a tempo indeterminato, abbastanza sicuro, ma dove si svolge un lavoro non stimolante, per imboccare una strada nuova, una sfida, ma senza una garanzia a lungo termine.


Dal punto di vista dello scenario e delle tendenze in atto è necessario sottolineare che il valore aggiunto nelle aziende viene portato dalla competenza delle persone.

Questa affermazione per molti anni più retorica che reale, sta entrando profondamente nella vita quotidiana aziendale. Gli elementi di criticità attuali, quali l’innovazione, la creatività e la costruzione di un clima di squadra sono legati, indissolubilmente, alle persone e alle loro capacità e attitudini.


Questa convinzione fornisce una delle prime risposte individuali al lavoro in frantumi: investire continuamente, in modo programmato, sulle proprie competenze e capacità.

Questo non significa solo curare l’aggiornamento specialistico, vuol dire anche imparare a conoscere i propri punti di forze e di debolezza per meglio integrarsi con realtà diverse per storia e culture.


Vuol dire soprattutto sapere sviluppare una tensione all’apprendimento ed una curiosità verso i contesti che si attraversano che costruisca, giorno dopo giorno, il proprio “capitale intangibile” di professionalità.


Molte donne che hanno imparato questa lezione, hanno rovesciato l’approccio passando in modo definitivo dal “posto fisso” alla consulenza, ad essere free lance. Molte di loro descrivono la riscoperta dell’essere padrone del proprio tempo non più centrato sul fatidico “dalle 9 alle 18”, ma organizzato secondo ritmi più vicini al risultato: il confronto o la riunione con il cliente, la progettualità esercitata quando la mente è più pronta. Vi possono essere momenti molto intensi, ma che possono essere seguiti da altri, più rilassati. Questa diversa articolazione nasce spesso da bisogni esterni al lavoro, un figlio che in alcuni momenti richiede di essere seguito con maggiore impegno, piuttosto che un genitore che richiede attenzione.

Si apre un universo meno a senso unico, più negoziale e articolato, la cui unica precondizione è la sicurezza nella propria competenza.


Non solo, ma nei casi fortunati si è anche libere di scegliere. Diceva recentemente una donna che si occupa di pubbliche relazioni: “Alla mia età e con la mia esperienza possono permettermi di preferire i clienti con cui sono in sintonia rispetto ai valori e che sono affidabili”, rivelando un universo di nuovi rapporti tra le persone e le imprese.



Diversa è la situazione quando il “lavori in frantumi” a viene usato dalle aziende solo per risparmiare. In questo caso una persona vale l’altra, senza una valorizzazione della professionalità e della storia individuale, con un orientamento al risultato più legato alla quantità che alla qualità.

Questo tipo di organizzazioni sono quelle che si lasciano senza rimpianti, perché non riescono a proporre alle persone senso di appartenenza e affiliazione.


E’ difficile però oggi trovare aziende che abbiano bisogno esclusivamente di “segmenti deboli” e quindi professionalmente poco qualificati, del mercato del lavoro. Le tendenze descritte poco sopra delineano a viceversa bisogni aziendali complessi, articolati e sofisticati.


Costruirsi una fama di azienda affidabile, socialmente responsabile, attenta ai bisogni dei clienti, delle persone che vi operano e dell’ambiente non è più un optional. Non basta più sciacquarsi la coscienza con i regali natalizi trasformati in solidarietà una tantum. Le persone sono diventate attente e, come diceva Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo: “Ci vogliono vent’anni per costruirsi una reputazione, e solo cinque minuti per distruggerla”.


Se le persone vengono scelte in base alla loro reputazione professionale, le aziende e i clienti vengono selezionati, da parte delle persone, in base alla loro reputazione di azienda che sa cogliere e rispondere ai bisogni dei singoli.


Anche un lavoro a tempo o a progetto, soprattutto se porta ad un “prodotto” sofisticato, come una campagna di comunicazione o un a attività formativa, necessita di persone motivate. Se si sconta la leva del “posto fisso” bisognerà dare un buon clima, possibilità di apprendimento e di sviluppo, solidità morale. Lo scambio tra le persone, il lavoro e le aziende non è più prevalentemente quantitativo, ma di natura più ampia.


La tutela, di conseguenza, non passa più dalla magistratura del lavoro, ma della capacità di costruire e difendere una solida reputazione.



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