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Immagine del redattoreCristina Bombelli

Maschile e femminile a confronto

Cosa avrà voluto dire?

E’ questa la domanda che rimane in sospeso quando la comunicazione tra due persone risulta ambigua, sia per quanto riguarda i contenuti, che – soprattutto – quando si tratta di messaggi sottili, espressi a livello non verbale. Chi comunica spesso si trova nella situazione non semplice di dover rettificare, modificare, riaggiustare.

Ambito difficile quello della comunicazione non verbale che basandosi su elementi analogici, il tono di voce, la postura del corpo, l’espressione del visto o la distanza spaziale, solo per citarne alcuni, necessita sempre uno sforzo di traduzione, un impegno di chiarezza e sincerità da parte di chi parla, e una attenzione reale, non prevenuta da parte di chi ascolta.


Problemi questi che si acuiscono quando gli interlocutori provengono da culture diverse. L’accentuata gestualità di italiano appare ad un inglese ben educato come eccessiva, mentre l’asettico e limitato linguaggio corporeo di un nord europeo possono dare ad uno spagnolo l’impressione di poca partecipazione e vitalità. I classici studi di Hall, La dimensione nascosta e Il linguaggio silenzioso editi in Italia da Bompiani hanno fornito strumenti di lettura ed esempi, a volte esilaranti ed altre tragici.


Studi più recenti invece hanno verificato come la ricchezza del linguaggio non verbale crea con frequenza fraintendimenti anche nella stessa cultura, ma tra i maschi e le femmine. In particolare tre ricercatori, Maria Rotundo, Dung Hang Nguyen e Paul Sackett, hanno utilizzato i campus delle loro università per una indagine dettagliata delle percezioni soggettive degli studenti e delle studentesse.

Il risultati confermano interpretazioni divergenti per diversi aspetti, ma in particolare per gli elementi di interpretazione delle ambiguità in relazione all’aggressività e al conseguente fastidio che essa provoca.


Proviamo a fare alcuni esempi: segnali non verbali quali mettere una mano sulla spalla, sedersi accosti oppure sfiorarsi sono interpretati diversamente. Mentre le donne pongono l’accento sugli aspetti affettivi e di supporto reciproco, gli uomini spesso li interpretano come disponibilità sessuale, con un necessario strascico di chiarimenti necessari, spesso sempre agiti a livello non esplicito.


Ciò potrebbe portare a situazioni come quella di una donna ad elevato livello gerarchico che, cercando di “essere vicina” ad un proprio collaboratore in difficoltà è stata interpretata, da lui e dal gruppo, come alla ricerca di una relazione sentimentale. Esiste quindi, in questi casi, un confine sottile tra la condiscendenza e l’orientamento all’altro e il necessario distacco di un rapporto di lavoro.


Un’ulteriore zona di ambiguità riguarda l’interpretazione dell’aggressività. Un tono di voce secco, senza l’accompagnamento di segnali di attenzione verso l’interlocutore, come un sorriso o un cenno di deferenza, vengono al femminile interpretati come aggressività. Ad un occhio troppo attento, quale è spesso quello delle donne, l’assenza di cortesia è di per sé prepotenza. Ovviamente l’uomo giudica spesso ridondanti certi “salamelecchi” da donne.


Quando si comprendono questi divergenze la domanda che sorge spontanea è: che fare?

Il primo passo è proprio quello di identificare il problema e non di ignorarlo, cercano poi di sviluppare la capacità di integrare il punto di vista dell’altro.

Questa competenza deve essere in particolare sviluppata in chi riveste posizioni di rilievo all’interno delle organizzazioni. Sul lavoro, quando ci si focalizza sul proprio punto di vista, si mettono in atto delle barriera all’integrazione orizzontale, così necessaria nei contesti odierni che necessitano di un continuo interscambio di comunicazione.


Il problema diventa più acuto quando si gestiscono persone e, invece di mettersi nei panni degli altri, si utilizzano i propri codici come universali. Un donna con collaboratori maschi, ad esempio, potrebbe utilizzare dei comportamenti non verbali e di supporto che per l’altro suonano come invadenti.


Un'altra difficoltà delle donne in posizione elevata è legata all’interpretare il silenzio e la non espansività dei propri collaboratori, come una critica implicita. Capita allora, sempre a livello implicito, di iniziare un sottile sondaggio alla ricerca dell’approvazione, per verificare appunto se il silenzio possa essere interpretato come assenso o come disapprovazione.

In altri casi l’interpretazione della non espansività come critica può portare a diventare aggressive. Ci si sente aggredite e si parte all’attacco, mentre l’intenzione del collaboratore era neutra. Un errore di interpretazione che può portare ad una difficilmente gestibile escalation.


Insomma se i maschi e le femmine appartengono a due tribù è necessario trovare un linguaggio comune, come si fa in tutte le comunicazione tra culture diverse, senza necessariamente tacciare l’altro di “essere sbagliato”. Certo alcuni soggetti lo sono, nell’uno e nell’altro campo, ma questo non dovrebbe compromettere una generale coesistenza pacifica.



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