Spesso le donne, quando devono affrontare un colloquio difficile o potenzialmente conflittuale, se lo immaginano preventivamente. La situazione è oggetto di fantasie nei momenti di solitudine, quando si guida e la mente se ne va per conto proprio, oppure prima di addormentarsi, istanti in cui – purtroppo - le preoccupazioni hanno spesso il sopravvento sulla serenità.
Questa modalità di comunicare con sé stessi è oggetto di numerosi studi che ne sottolineano l’importanza ed anche l’utilità.
Il cosiddetto inner speech , o linguaggio interiore, è molto utile per prepararsi ad una situazione che si prefigura difficile.
Immaginiamo ad esempio che siate state chiamate dal vostro capo per l’annuale colloquio di valutazione.
Esiste un primo pericolo, anche se meno rischioso di quello che vedremo successivamente, e consiste nel focalizzarsi su un'unica aspettativa. Se vi sentite sicure immaginerete solo una giudizio positivo, viceversa se il vostro perfezionismo non lascia tregua, vi sarete focalizzate solo sugli aspetti negativi.
Il linguaggio interiore, inteso come prefigurazione, è utile solo consente di aprire diverse possibilità, anche inattese. Quindi se siete convinte che la valutazione sarà positiva, provate ad immaginare un’altra situazione opposta, ma soprattutto preparate alternative diverse.
Spesso lo stupore di una circostanza inaspettata blocca la reazione. Siate quindi pronte a chiedere un aumento se le cose sono andate bene, così come a evidenziare responsabilità di contesto, oppure ad assumervi signorilmente le vostre, a seconda delle occasioni.
Tutto questo non va fatto solo in teoria, immaginando al nostro posto una brillantissima manager. Va fatto dentro la nostra pelle, riconoscendo con sincerità le reazioni più intime e imparando a gestirle.
Se la valutazione è negativa, e ve ne aspettavate una positiva, non barate con voi stesse: il groppo alla gola che vi assale è assolutamente normale, molto femminile, ma normale. Meglio ammetterlo e prefigurare la situazione, immaginando di riuscire a parlare in modo ragionevole, anche con le lacrime agli occhi. Anche nei momenti successivi, invece di sanzionarvi e darvi della stupida per reazioni che ritenere inappropriate, fermatevi a guardarle con comprensione, cercando di capire i diversi motivi che le hanno causate. Prendete per mano, se c’è, una bambina spaventata e ascoltatene le ragioni.
Eppure vi è un momento, quasi un sottile confine, in cui il linguaggio interiore diventa veicolo di immaginazione negativa e porta con sé la perdita del contatto con la realtà, diventando un inutile rimuginare.
Di solito questo accade quanto si vivono situazioni ad alta densità emotiva, anche se molto diverse tra loro, quali l’innamoramento o una ingiustizia subita.
Le emozioni intense trasformano il linguaggio interiore in sogno ad occhi aperti che può avere le tinte rosate di un romanzo d’amore o quelle più fosche di una litigata.
E’ difficile difendersi perché il pensiero arriva spontaneo, senza bisogno di essere richiamato. E’ così che uno sguardo, un gesto o una voce calda e profonda, certamente possibili sintomo di feeling, si trasformano in una fantasia che brucia per speranza e vastità qualsiasi realtà.
Gli amori immaginati non lasciano più spazio a quelli reali, che sono intrisi di prosaicità e di debolezze.
Analogamente la carica emotiva negativa trasforma l’altro in una persona pessima, senza più sfaccettature, che deve essere sanzionata, contro cui si preparano discorsi e argomentazioni, senza tregua.
Il linguaggio interiore diventa unidirezionale ed autoalimentante la propria visione delle cose, senza appello e senza contraddittorio.
Quando prende questa deriva, esso non è più veicolo di self awareness, di consapevolezza, come sottolineano i numerosi studiosi che ne hanno fatto oggetto di pubblicazioni, diventa fissazione.
L’onta subita costringe il pensiero a ritornare sul luogo del delitto, si immaginano complotti, si temono ritorsioni. L’immaginazione prevale sul dato di realtà quando si diventa preda di una sorta di egocentrismo infantile, lo stesso che fa pensare di essere al centro dell’attenzione altrui, che la cosa detta, magari per inciso e senza intenzione, sia invece precisamente legata ad uno scopo. E’ questo spostamento e allargamento degli eventi che rendono per le donne così difficile gestire i conflitti. Invece di limitarsi al “qui ed ora”, di rimare ancorate all’oggetto della discussione, si torna al passato e si ipotizza il futuro, si coinvolgono persone e situazioni da cui si potrebbe prescindere.
Allora impariamo ad usare il linguaggio interiore, non come un complice che avvalla ogni visione, ma come un saggio che sa aprire un contraddittorio senza persecuzione, come un sincero specchio che rifletta io proprio sé più profondo, senza avere paura di guardarlo direttamente negli occhi.
Invece di immaginarsi diverse, di sognare situazioni impossibili, è necessario accettarsi e poi, con pazienza, cercare di cambiare.
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