Di solito è una finestra aperta che lascia entrare il sole e il profumo della primavera a scatenare la fantasia del cambiamento, la voglia di rimettere in ordine o in priorità, gli elementi della vita e, soprattutto, del lavoro.
Estate: tempo di bilanci e di progetti. Si pensa all’autunno come ad un nuovo inizio in cui, finalmente, far quadrare quelle colonne di dare e avere sempre in bilico tra affetti personali e realizzazioni lavorative, tra le richieste dei figli e la passione per i nuovi progetti, tra l’egoismo dell’azienda e la voglia di cambiare il mondo.
La tensione al cambiamento, così come il desiderio di ripensare hanno sempre caratteristiche positive, muovono energie nuove, spingono verso orizzonti non esplorati.
Il cambiamento radicale è tutto femminile. Ho incontrato moltissime donne che arrivate ad un certo punto hanno deciso di cambiare tutto, di dare una svolta radicale. Molti esempi sono narrati in questo giornale. Spesso donne manager con una buona posizione – sarà un caso? – lentamente, ma inesorabilmente, maturano una svolta. Si passa alla consulenza, si fonda una nuova azienda o ci si ritira in campagna a coltivare uva e a produrre vino. Alcune fanno dei loro hobby l’attività principale.
Sembra quasi che il lavoro come dovere, entrato tardi nella storia femminile, possa anche essere accantonato, per qualche tempo o per sempre, senza il timore di un flusso di reddito costante e in crescita.
Nella svolta più radicale è insito anche il cambiamento del luogo e la modifica dei tempi. Si lascia il caos della città, ci si riappropria dell’organizzazione temporale.
Un incentivo a sognare dunque? Certamente, ma con giudizio.
Il sogno femminile può essere astratto, può radicarsi nel genere “letteratura rosa” dove le eroine povere e sole sono in realtà ereditiere o capaci di conquistare un principe. Il sogno può essere deleterio quando continuamente copre di grigio la realtà, sottovalutandola perché troppo lontana da quell’etereo mondo di fantasia.
Sognare è un gioco che ci si può permettere quando si è osservata e compresa l’ambiguità del mondo, quando si sa che nessuno è sempre buono e sempre cattivo, quando è nel reale che si trovano momenti, anche se brevi e limitati, di felicità.
Le organizzazioni lavorative, da questo punto di vista, sono un utile esercizio. La letteratura manageriale è piena di casi eccellenti, di imperativi categorici su come debba essere un ottimo comunicatore e uno splendido leader. Il sogno prende una forma quasi scientifica.
La propria realtà, fatta di mezzi leader, di impasse organizzative, di mediocri egoismi può apparire meschina, senza prospettive. Nel gioco di dare le colpe sempre agli altri, ai potenti, ai capi, a coloro che non sanno organizzare, ci si assolve. Noi siamo sempre le migliori, incomprese e vittime.
Saper valutare obiettivamente la realtà, ma anche le proprie competenze e incompetenze, è la base per poter sognare, giocando con le aspirazioni e svelando i propri desideri profondi.
Il miglior sogno deve essere accompagnato da un ottimo business plan!
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